3. I parassiti dell’alce statunitense e casi di organismi simbionti (mp3, preview di 60 sec.)
Animali anormali, Vol. 1
Gentili ascoltatori, ecco la terza puntata della serie di documentari dal titolo “Animali anormali”. Lo sapevate che l’etologo irlandese Irbarol ha effettuato studi di elevata importanza sui parassiti dell’alce? Lo sapevate che ha trascorso i 5 migliori anni della sua vita, invece di andare in discoteca, vagando per i boschi del nord-ovest degli Stati Uniti alla ricerca di alci maschio con una lente di ingrandimento e una semplice attrezzatura da campeggio? Che stima incredibile dovremmo tutti riporre in lui. Pazienza.
Siamo nel bel mezzo del parco nazionale di Yellowstone, nel nord-ovest del Wyoming, stato degli stati Uniti d’America dal nome semplice da pronunciare ma vi sfido a scriverlo con scarse conoscenze anglosassoni. U-a-i-o + la dinastia dei Ming che peraltro non c’entra un bel niente. Pazzesco.
Stiamo costeggiando le rive del Fiume Yellostone alla ricerca di qualche esemplare adulto di Alce maschio per verificare la presenza eventuale di parassiti e/o di altri organismi simbionti. In questa natura incontaminata troveremo sicuramente un esemplare ricco di parassiti, ma sono soprattutto le alci che abitano nel bosco le maggiori indiziate. Per attirarle a noi dovremo emettere alcuni segni di richiamo: “urrrrrrrrl urrrrllll urlllllllll uuuuuurrrllll” “vuvuvu” “slessccc” “slesccccc”……. ed ecco che da dietro al cespuglio di agrifoglio, tipico di questa regione incontaminata del nordamerica, tra quell’albero secolare e quel carrello della spesa abbandonato appare un Alce maschio, l’oggetto del nostro studio. Lo avviciniamo con molto tatto, talmente tanto tatto che gli chiediamo il consenso sulla privacy per poterlo analizzare con la nostra super lente di ingrandimento. Lui acconsente mettendo il check e firmando in calce: “Alce”.
Siamo a cavallo, ora possiamo studiare le migliaia di animali che vivono alle sue spalle.
Primo tra tutti, il più evidente, il Sig. Teodomiro Dal Negro, un uomo in carne ed ossa che vive aggrappato al gargarozzo dell’inconsapevole animale privandolo di ogni consapevolezza e autonomia: essendo a tutti gli effetti un uomo, il Sig. Teodomiro Dal Negro non rientrerà specificatamente nel nostro studio dato che dell’uomo sappiamo tutto ma proprio tutto o quantomeno tutto sulle sue proprietà di parassita.
Ma ecco che dall’orecchio sinistro dell’alce, così, all’improvviso, fa capolino un rarissimo kukkaburra mignon. Munito di quattro ventose, questo anellide piatto a forma di nastro provoca bulimia, anemia, grave inappetenza che sono certe prove della sua presenza, a cui sono accompagnate mal di testa, vertigine, ipocondria, sicuro segno qualora ci fossero che non è ancora andata via. Il kukkaburra mignon mangia generalmente aringhe marinate, aglio, acciughe sotto sale: per espellerla due possibilità: il tasto “eject” oppure un bel clistere di pulizia*. Il kukkaburra mignon è senz’altro un parassita tra i più pericolosi per l’alce in quanto impedisce un corretto udito da parte dell’animale.
Esso urla incessantemente e senza inibizioni in direzione dell’interno dell’orecchio, tra l’incudine e il martello, i nomi dei colli di Roma ciclicamente e in ordine alfabetico. E la cosa, come possiamo immaginare, rende lente le reazioni dell’animale agli stimoli in generale.
Una produzione eccessiva di etilbenzene idrossilasi è invece un sintomo della presenza di un altro temibile parassita simbionte dell’alce: la patella di mare comune, che vive generalmente al mare a parte quando va in ferie in montagna, a settembre. Ecco che improvvisamente una di esse si accascia, e già qui si potrebbe aver qualcosa da ridire dato che è noto che la patella di mare comune non ha ginocchia, per raccogliere con le sue sottili lamelle pettorali alcuni decilitri di liquidi emessi dalla cute dell’ospite per trasformarli in energia proteica per il suo sostentamento. Il materiale di scarto, l’etilbenzene idrossilasi, appunto, viene proiettato nell’aere secondo il metodo di Maxwell famoso per la ridondanza delle sue equazioni, scindendo in ioni ogni atomo con la sola pressione esercitata dall’accrescimento del guscio protettivo.
Secondo la teoria di Jørgensen:
CF3H + CH3F → CF4 + CH4
e quindi tutto può succedere in ambiente scientifico se sotto sotto c’è una certa convinzione.
La patella di mare comune si sposta rapidamente sul corpo dell’alce rimanendo adesa con tutto il peduncolo per effetto ventosa: i suoi punti preferiti di alloggio sono il garrone, la guancia e altre parti del corpo che iniziano con la “g” tipo la goda, il gollo e il gulo.
La patella di mare comune interagisce con i suoi simili o con le altre specie di parassiti esprimendo consensi o pareri generici negativi estromettendo dal guscio calcareo, con l’utilizzo di un bisso fibrochitinico simile a quello di altri organismi bentonici filtratori, dei cartelli su cui scrive in perfetta lingua italiana, in pieno stile calviniano.
Con piglio spesso ricco di grandeur francese sfoggia tutto il giorno cartelli del tipo “Irbarol non è capace” oppure “non sei nemmeno capace di scrivere giusto” oppure ancora “sei solo capace di commettere errori sesquipedali” lasciando frequentemente all’interlocutore l’interpretazione del soggetto stesso nella frase.
Irbarol con la patella di mare ebbe un rapporto difficile che sfociò nel periodo più buio della sua carriera, nel lontano 1995, quando ne promosse lo sterminio aprendo la caccia col bazooka alle alci di quasi tutto il continente nordamericano, Vietnam compreso.
Ma ecco la vera croce e delizia dell’alce statunitense: si tratta di un organismo simbionte dalle proprietà terapeutiche e afrodisiache, il fungo della passione chiamato tassonomicamente fungus saccharomycetes schedulis.
Questo particolarissimo fungo cresce tra i peli nelle zone umide del corpo dell’alce, avendo dunque la sopravvivenza garantita dall’umidità secreta dalle ghiandole sudoripare dell’animale e si riproduce sessualmente attraverso il notissimo processo di sporogenesi. Le spore hanno però uno straordinario e intenso odore di Scianelnumerocinque e questo dona loro una proprietà multifunzionale e unica in tutto il regno vegetale-animale. Infatti esse oltre a permettere la riproduzione del fungo stesso, permettono l’entrata in calore e dunque la riproduzione dell’alce, dato che i maschi hanno attivi i loro testosteroni proprio subito dopo aver sentito l’odore accattivante delle spore.
Ecco perché ad Irbarol piace moltissimo l’essenza del noto profumo appena citato.
Con questo esempio lasciamo l’alce al suo fardello di parassiti e organismi simbionti.
E ora forza con la scienza, diamoci dentro, rimaniamo sintonizzati esprimendo empatia! Attendiamo insieme con ansia la prossima puntata, probabilmente la più entusiasmante della serie! Tutti pronti per la quarta puntata di “Animali Anormali”? Ci aspetta lo scandaloso argomento che riguarda l’accoppiamento dei cardellini di San Pietro di Felletto. Fermi col petting, il documentario non è ancora iniziato!
*Fonte: Elio e le storie tese, Tenia (parodia di Maniac, colonna sonora Flash Dance), 1980 circa.
paui il 17 settembre 2014 alle 16:54 ha detto:
La teoria di Jorgensen è una delle più grandi certezze della chimicofisica moderna.
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